Tra la popolazione adulta del nostro Paese, si stima che più di un milione soffra di disturbo d’ansia generalizzato; tra queste persone, a prevalere sono le donne.

Nei casi di ansia più grave, le persone presentano difficoltà oggettive nel gestire anche le normali attività quotidiane, schiacciate da un’eccessiva preoccupazione per ogni cosa: dal lavoro alla famiglia, dalla salute al denaro.

Questi individui vivono in uno stato di permanente tensione, non trovando mai un momento di pace, nemmeno durante il sonno, che si trasforma in una lotta contro se stessi e i propri pensieri.

Ne consegue una condizione di stanchezza cronica che, a sua volta, può aprire la porta ad ulteriori disturbi e patologie, tra cui la depressione.

Chi soffre di disturbo d’ansia vive come in una perenne attesa di cattive notizie, impossibilitato a credere nella buona sorte ma sottintendendo l’ineluttabilità di eventi negativi.

Siamo ben oltre il più oscuro pessimismo perché il disturbo d’ansia generalizzato comporta serie ripercussioni sia fisiche che psichiche sui soggetti interessati e non è certo l’adesione ad un particolare approccio filosofico a determinarlo.

Piuttosto, la scienza ritiene che sia per lo più la genetica ad incidere sullo sviluppo di questo disturbo, intuendo un collegamento tra i geni e il vissuto della persona in età formativa.

Gli effetti dell’ansia sulla nostra mente e sul nostro fisico

Il disturbo d’ansia oltrepassa il livello di quello che possiamo ritenere uno stato di ansia normale, comune alla maggior parte delle persone.

Tutti noi abbiamo delle preoccupazioni ma non per questo ne siamo tanto prevaricati da sviluppare veri e propri sintomi patologici; invece, il disturbo d’ansia è quasi tangibile, attraverso alcuni sintomi specifici.

Anzitutto, riuscire a concentrarsi diventa un problema, così come addormentarsi o dormire a sufficienza; infatti, molti si lamentano di una stanchezza cronica.
Inoltre, questi soggetti ansiosi tendono ad essere irritabili, estremamente tesi, preoccupati e spaventati.

Le ripercussioni si avvertono anche sulle condizioni fisiche della persona, attraverso una continua e incontrollata tensione muscolare, un’eccessiva sudorazione o improvvise vampate di calore, tremori e battiti del cuore accelerati, mal di testa, nausea, fiato corto e bisogno frequente di correre al bagno.

Spesso, a questi sintomi si associa un atteggiamento di intransigenza, con tendenze al perfezionismo estremo in ambiti come la puntualità e l’apparire conformi e adeguati ad ogni contesto.

Il bruxismo, ovvero, un altro modo con cui il nostro corpo reagisce all’ansia e alla tensione

Un altro sintomo che si può riscontrare nelle persone affette da disturbo d’ansia è il bruxismo, ovvero, lo stringere e il digrignare in maniera inconsapevole i denti.

Per saperne di più su questo disturbo, ci siamo rivolti a qualcuno che di denti se ne intende certo più di noi, il Dr. Pischedda, un dentista a Bologna centro che assiste chi soffre di bruxismo.

Questa condizione è comune anche a chi non giunge ad un livello d’ansia “patologico” ma è comunque appesantito da un eccessivo carico di stress.

Come abbiamo detto, l’azione di digrignare e di sfregare i denti avviene senza che il soggetto ne abbia contezza, nonostante la tensione muscolare che viene esercitata sia davvero intensa. Infatti, questa problematica può essere facilmente individuata anche durante una normale seduta di igiene dentale.

La cognizione del problema arriva quando cominciano a presentarsi gli effetti collaterali: lesioni dei denti e dello smalto, maggiore sensibilità, dolore alla mascella e alle orecchie, e mal di testa.

Per affrontare gli effetti negativi del bruxismo, il dentista utilizza una mascherina, detta “bite”, che allenta la tensione muscolare e protegge i denti, evitandone il progressivo peggioramento.

Tuttavia, non è l’odontoiatra che può fornire una soluzione per l’ansia e lo stress che inducono una persona a digrignare i denti; occorre cercare altrove.

Come possiamo affrontare l’ansia quando diventa prevaricante?

Il disturbo d’ansia può essere affrontato attraverso due diversi approcci, che possono essere anche combinati tra loro: la terapia farmacologica e la psicoterapia.

La terapia farmacologica

Di norma, il disturbo d’ansia viene trattato con farmaci antidepressivi che, nel lungo termine, sortiscono buoni successi.
Questi farmaci intervengono bloccando la ricaptazione della serotonina, un neurotrasmettitore conosciuto anche come “ormone del buon umore”.

In pratica, anziché riassorbirla dopo aver svolto la propria funzione di neurotrasmettitore, la serotonina viene lasciata a disposizione del cervello, aumentandone così la concentrazione; ciò le consente di attuare i propri effetti benefici sull’umore e sul sonno dei soggetti ansiosi.

Oltre ai miglioramenti a livello cerebrale, se ne ottengono anche per quanto riguarda l’impellenza ad andare spesso in bagno; infatti, la serotonina è presente anche nel tratto gastrointestinale, non a caso definito il nostro secondo cervello.
In alternativa a questi farmaci sono disponibili anche le benzodiazepine, degli ansiolitici.

Tuttavia, è opportuno ricorrere alle benzodiazepine solo per periodi limitati poiché chi li assume tende ad aver bisogno di aumentare progressivamente le dosi, affinché facciano effetto, e può esserci il rischio di indurre una dipendenza al farmaco.

Inoltre, gli ansiolitici inducono sonnolenza, fattore che può avere ripercussioni piuttosto negative sulla vita di chi ne fa uso.

La psicoterapia

Rimettersi alla professionalità di uno psichiatra o di uno psicologo può essere un modo ulteriore per affrontare il disturbo d’ansia.

Esistono diverse scuole di pensiero, si tratta di individuare la più adatta al proprio caso: terapia cognitivo-comportamentale, psicoanalisi e psicodinamica, psicoterapia della Gestalt ecc.

Su qualunque tipo di psicoterapia ricada la scelta, è fondamentale che il terapista sappia instaurare un rapporto di fiducia col paziente, facendolo sentire ben accolto e pienamente compreso.

In conclusione, di fronte al disturbo d’ansia generalizzato non ci si deve dare per vinti; al contrario, la sofferenza e l’angoscia che esso provoca si possono combattere e vincere.

Si tratta solo di trovare la forza di chiedere aiuto e di rivolgersi a persone qualificate, in primis, il proprio medico di fiducia.

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