Continua il viaggio dei Musei Reali di Torino nel mondo del disegno rinascimentale. Dopo Leonardo, protagonista della preziosa mostra di Pasqua, tocca alla cerchia di Raffaello raccontare i segreti di un’arte solo apparentemente semplice, in realtà capace di esprimere l’essenza più intima dei più grandi maestri. Dal 29 aprile al 17 luglio Nel segno di Raffaello. Disegni del Rinascimento italiano dalle collezioni della Biblioteca Reale svelerà al pubblico 26 straordinarie opere su carta, studiate e catalogate in occasione del cinquecentenario dell’Urbinate da Angelamaria Aceto, ricercatrice dell’Ashmolean Museum di Oxford, dove è custodita la più importante raccolta dei disegni del Sanzio esistente al mondo. Giulio Romano, Testa di donna nella Festa nuziale di Amore e Psiche, 1526-1528 circa. Pietra nera su carta. Torino, Biblioteca RealeSettant’anni cruciali nella storia dell’arte europea stanno per andare in scena a Torino: da Perugino, maestro del giovane Raffaello, fino a Giulio Romano, Parmigianino, Polidoro da Caravaggio, Baldassarre Peruzzi, che diffonderanno la lezione dell’Urbinate in tutta la penisola. Obiettivo dell’esposizione non è solo mostrare una serie di opere eccezionali, che in alcuni casi sono stati alla base di celebri dipinti, ma anche evidenziare come il disegno possa trasportarci dietro le quinte della pratica di ogni artista per svelarci i processi creativi e la dimensione più personale del suo lavoro. Dotati di “una particolare forza espressiva, i disegni rivelano l’essenza della mano e della mente che li ha prodotti”, scrivono i curatori del progetto torinese. Esaurienti pannelli esplicativi ci aiuteranno a comprenderlo meglio lungo il percorso, anche attraverso il confronto con opere conservate in altri musei: il visitatore sarà così condotto alla scoperta della ricca tradizione del disegno rinascimentale, fatta di citazioni, copie e studi preparatori. Biagio Pupini, detto Dalle Lame, Cristo tra i dottori, 1525-1527 circa. Pennello e inchiostro con acquarellatura marrone e biacca carta preparata marrone. Torino, Biblioteca RealeLe tecniche dei grandi maestri non hanno più segreti, tra le linee sottili della punta metallica, le morbide sfumature della sanguigna, i rapidi tratti a inchiostro e l’antichissima pratica del carboncino, il cui sviluppo non sarebbe stato possibile senza la diffusione capillare della carta, caratteristica del Quattrocento.  Tre sezioni scandiscono l’itinerario ai Musei Reali. La prima è dedicata a Pietro Vannucci detto il Perugino, il maestro di Raffaello che a sua volta si era formato nella bottega fiorentina di Andrea del Verrocchio, tra talenti come Botticelli e Leonardo. Il giovane Sanzio apprenderà con velocità stupefacente la lezione di Perugino – lo stile classico e rigoroso, l’equilibrio e lo studio matematico delle proporzioni e della prospettiva – e diverrà in breve tempo un modello indiscusso nuove generazioni di artisti.Pietro Vannucci, detto il Perugino (bottega), Due uomini in conversazione, 1480 circa. Pietra nera su punta metallica, su carta preparata rosa, con biacca. Torino, Biblioteca RealeProtagonisti della seconda sezione sono proprio i seguaci del genio di Urbino, cresciuti nella sua vivace bottega romana tra commissioni di altissimo livello. L’esorbitante mole di committenze, unita alla sua nota generosità intellettuale, portano Raffaello a delegare molto lavoro agli allievi, che hanno così l’opportunità di apprendere e maturare rapidamente. Alla morte improvvisa e prematura dell’Urbinate, per esempio, Giulio Romano è già un pittore autonomo e di grande esperienza, in grado di portare a termine molte delle commissioni lasciate incompiute dal maestro.Seguace di Raffaello, Studio di panneggio della cosiddetta “Sabina” con testa ideale, 1520 circa. Penna e inchiostro bruno su carta. Torino, Biblioteca RealeLa terza sezione, infine, esplora il lascito di Raffaello. Siamo ancora a Roma, brulicante città-cantiere che sotto il pontificato di Clemente VII continua ad attrarre giovani artisti da tutta Italia. Tra questi troviamo il ventenne Parmigianino, la cui pittura sarà profondamente trasformata dall’incontro con le vestigia dell’antichità e con le opere di Raffaello, al punto da esserne considerato l’erede. Francesco Mazzola, detto Il Parmigianino, Sacra Famiglia con San Giovanni Battista e Santa Elisabetta (o Sant’Anna), 1519-20 circa. Pietra rossa su carta. Torino, Biblioteca Reale

Leggi dalla Fonte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *