Inglese, brasiliana o sudafricana? Le pericolose varianti del Covid-19 sono diverse, e molte di esse destano grande apprensione. Ma quali saranno le più preoccupanti? A parlare di questo importante argomento è stato l’Istituto superiore di sanità, che spiega quali sono le caratteristiche delle tre varianti più note e allarmanti, vale a dire la variante inglese, quella brasiliana e la variante sudafricana del Covid-19.

Le mutazioni prendono il nome dal luogo in cui sono state osservate per la prima volta, e sono differenti rispetto al Covid cinese sia per contagiosità che per la gravità dell’infezione. In particolar modo, l’Iss fa sapere che la variante inglese (VOC 202012/01) presenta una trasmissibilità più elevata e – a detta di molti esperti –  anche una maggiore patogenicità. La buona notizia è che non sono ancora emerse evidenze in merito a una minore efficacia del vaccino di fronte a tale variante.

Per quanto riguarda la variante “brasiliana”, i membri dell’Iss spiegano che si tratta di una mutazione maggiormente trasmissibile. In base ai primi studi potrebbe inoltre diminuire l’efficacia dei vaccini. Lo stesso vale per la variante Sudafricana, che è stata isolata per la prima volta nell’ottobre 2020 in Sud Africa. Queste ultime due varianti in particolar modo sono oggetto di attente analisi volte a stabilire se possano causare un maggior numero di reinfezioni nei pazienti guariti dal Covid-19.

Le varianti Covid più pericolose

Ma a conti fatti, quali sono le varianti Covid più pericolose? A rispondere a questa domanda ci pensa Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e membro dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria.

In un’intervista rilasciata all’AdnKronos, l’esperto spiega:

Difficile dire quale variante è più pericolosa tra quelle fino ad oggi individuate. Quella sudafricana e quella brasiliana sembrerebbero essere le più pericolose. La prima si concentra di più nella saliva ed è più facilmente contagiosa. Ha poi la capacità di avere questo meccanismo per cui può scappare alle difese immunitarie che noi produciamo.

Ciò significa che anche chi è già entrato in contatto con il virus ed ha quindi prodotto gli anticorpi, può infettarsi ugualmente anche poco tempo dopo il primo contagio.

via | AdnKronosAdnKronos
Foto di Andreas Lischka da Pixabay

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